18 dicembre 2014: In linea il mio Constable

E’ da ieri in linea il mio saggio Divagazioni sul quadro di John Constable, Il carro da fieno, The Hay Wain, 1821, tra Londra e Parigi, scritto in un mese, dopo aver visto il 5 novembre scorso la mostra di Constable allestita al Victoria and Albert Museum.

Sono contento del lavoro fatto. Trascurata per scelta la sterminata bibliografia, ad eccezione dei cataloghi della mostra di Parigi del 2002 e di quella in corso a Londra, ho preso in considerazione per la redazione del saggio lettere e diario di Constable, lettere e diario di Delacroix, una lettera di Géricault, testi critici di Nodier, Pichot, Thiers, Stendhal. Sicuramente vi saranno altri documenti e testi, ma quelli consultati, nella maggior parte disponibili in Rete, mi sono bastati per delineare, per sommi capi, il contesto culturale e artistico nel quale avviene a Parigi l’esposizione al Salon 1824 del Carro da fieno, e le reazioni che ne seguirono sia nel campo dei classicisti accademici sia in quello dei romantici. Mi interessava conoscere in che modo e per quali motivi la pittura di Constable, innovativa nello stile e nel soggetto, avesse influito in piena affermazione del gusto romantico sulle origini moderne della pittura di paesaggio in Francia.
Ogni volta che pubblico un nuovo lavoro sul sito, mi dico: – E ora? Chi mai leggerà queste cose? –
Ho già scritto una volta che il primo destinatario sono io stesso: il sito è la sede dove tengo il mio archivio di ricerche e di riflessioni, ordinato per argomenti e  per data. Serve in primo luogo a me. E’ tuttavia un archivio aperto, non ci sono porte, non ci sono chiavi. Ciascuno può liberamente prendere quello che vuole, se trova qualcosa di suo interesse. E per me è una soddisfazione, perché tre sentimenti, nessuno escluso, ha la sua giusta gratificazione: un grande amore per la cultura, un poco di altruismo, un pizzico di vanità personale.
Resta ancora tutto da risolvere, per il momento, il problema di come far conoscere in modo adeguato la pubblicazione di una ricerca in Rete a lettori potenzialmente interessati ai contenuti della stessa: in quest’ultimo mio specifico caso, ad esempio, a studiosi e ricercatori di storia della pittura dell’Ottocento.
Per quanto riguarda la pubblicazione in Rete di contenuti all’origine digitali (born digital) non esiste ancora, nel campo della ricerca umanistica, un metodo rigoroso ed efficace come è quello tradizionale, proprio dell’editoria cartacea, strutturato in consolidate pratiche: segnalazioni e recensioni su giornali e riviste specializzate, presentazioni pubbliche con l’autore, norme di corretta citazione bibliografica universalmente adottate, garanzia di conservazione e disponibilità dei documenti in sistemi bibliotecari, attività promozionale di editori e della distribuzione libraria: un sistema che mette lo studioso cultore della disciplina nelle condizioni di venire a conoscenza delle pubblicazioni di suo interesse, di poterle discernere, selezionare per autore, qualità, contenuto, di poterne fruire conoscendo dai cataloghi opac dove i documenti sono accessibili, e quindi di poter concorrere a sua volta, con la ricerca, ai progressi della disciplina, inserendosi come soggetto attivo in tale sistema.
Paradossalmente la pubblicazione in Rete, mentre offre possibilità infinitamente maggiori di raggiungere lettori e in un raggio di ampiezza inimmaginabile rispetto alla stampa, non sa come raggiungere le trenta persone più interessate al contenuto messo in Rete e come interagire con queste.
L’editoria di contenuti che compaiono per la prima volta solo in Rete (born digital), in particolare di contenuti di ricerca umanistica, perché la ricerca scientifica (astrofisica, matematica, medica ecc) è ormai quasi tutta digitale, deve ancora organizzare un suo strutturato sistema di conoscenza, conservazione e disponibilità dei contenuti digitali, da organizzarsi per tematiche, per discipline, per scansioni temporali  ecc., con la responsabilità di organismi redazionali che facciano capo a istituti, università, centri di ricerca, biblioteche ecc., che devono garantire autenticità, qualità, originalità, con l’adozione di strategie e di politiche per la conservazione, l’integrità e la disponibilità dei contenuti: tutte queste condizioni sono assai rilevanti per gli autori, per la comunità scientifica, per i lettori. Senza queste condizioni la memoria scientifica, che in futuro sarà sempre di più digitale anche per i contenuti di cultura umanistica, rischia di perdere i suoi tradizionali punti di forza, che sono sempre stati la solidità, la stabilità, la conservazione e l’accessibilità dei mezzi di trasmissione. Parte non trascurabile del sistema è ovviamente la modalità di citazioni affidabili, basate su identificatori dei contenuti  digitali che devono essere univoci e persistenti. Quando un amico mi dice, come è successo ieri sera, leggi Personeni, La guerra vista da un idiota, ho quanto mi basta per arrivare al libro, e l’ho in modo univoco e stabile, che vale per me e per tutti e per ogni tempo. Se devo citare a mia volta ad un amico, perché lo legga, un saggio visto in Rete, la cosa è sicuramente più complicata, e so quanto sia aleatoria la mia citazione, per nulla univoca, sempre esposta alla possibile delusione del “Not found”.
Il “fai da te” non basta, come è il caso del mio sito, ancorché vi pubblichi contenuti nuovi e redatti secondo le norme del saggio scientifico. Come non bastano i motori di ricerca, pur di grande aiuto: è vero che portano lettori ai testi pubblicati in Rete, ma si tratta nella stragrande maggioranza di lettori arrivati al testo per pura casualità e dalla più vasta ed eterogenea platea di interessi. Come casualmente vi sono giunti altrettanto rapidamente se ne allontanano. Cento di queste “visite” non valgono, per rilevanza culturale, quella di un solo lettore che arriva al testo digitale con cognizione e con la volontà di trarne un sicuro vantaggio.