16 settembre 2013: Rilettura di Johan Huizinga

Le pagine di Huizinga, Autunno del Medioevo (I ediz. orig. 1919), ci restituiscono con grande efficacia e vivo senso l’ambiente, la mentalità, l’azione politica, le pratiche religiose, i sentimenti della vita e della morte dell’epoca in cui operarono Van Eyck e van der Weyden. E’ per l’amore che nutro per questi due poeti che rileggo oggi queste pagine. Pagine che si rileggono sempre con grande soddisfazione e con sicuro vantaggio per le nostre conoscenze. Da sole, tuttavia, non possono essere sufficienti a spiegarci l’apparizione di una personalità artistica che vive di originale immaginazione, e ancor meno a motivarci lo sviluppo di uno stile. Nessuna ricostruzione sociologica e storica, seppure condotta con grande sforzo interpretativo e con ricchezza di documentazione, potrà spiegare Rogier, nel senso che diamo a  spiegazione come rapporto di causa/effetto. L’arte di ogni grande creatore è irriducibile, per la sua unicità e originalità, ad ogni schema logico-deduttivo di qualsiasi tipo, filosofico, religioso, storico, estetico ecc.
È una considerazione che accompagna la mia rilettura delle bellissime pagine che Huizinga dedica alla primitiva pittura fiamminga (cap. XVIII: “L’arte nella vita”). Ecco un passo illuminante: «L’arte, in quei tempi, è ancora strettamente connessa con la vita e la vita si svolge secondo norme salde. Essa riceve ordine e ritmo dai sacramenti della Chiesa, dalle feste dell’anno e dalle ore canoniche. Lavoro e gioia hanno la loro forma determinata: religione, cavalleria e amor cortese forniscono le forme più importanti della vita. È compito dell’arte di adornare di bellezza le forme in cui si svolge la vita. Ciò che si cerca, non è l’arte per se stessa, ma la vita bella. Non è come in tempi posteriori, quando si evade da una routine quotidiana, per trovare conforto ed elevazione nella solitaria contemplazione delle opere d’arte; l’arte viene, al contrario, inserita nella vita stessa, per dar a questa un maggior splendore. Essa è destinata a partecipare ai momenti culminanti della vita, agli slanci sublimi della pietà, come al superbo godimento dei piaceri del mondo» (pp. 351-352, edizione Bur 2006).
Un’analisi raffinata, ma dalla quale non riusciremo mai a dedurre la visione stupefacente della Deposizione al Prado di Rogier.

Rogier van der Weyden, Deposizione dalla Croce, 1433-1436, Madrid, Museo Nacional del Prado.