27 novembre 2013: Jean Fautrier (1898 – 1964), Chaïm Soutine (1894 – 1943)

Tre anni fa non avevamo avuto una bella impressione del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris. Sciatto, cattiva luce, opere disposte senza un ordinato percorso. Troviamo oggi tutto mutato, e in meglio. Uno dei più bei musei di Parigi. http://www.mam.paris.fr/fr/collection.
Ci si aggira per le sale volentieri, soddisfatti, tra noi e le opere esposte si stabilisce la necessaria empatia. Il museo non è nemmeno molto frequentato, per cui la visita può avvenire nel dovuto silenzio, con tempi giusti, con passi lenti, con indisturbate lunghe e solitarie soste davanti ai quadri, che sono distribuiti per movimenti pittorici (fauve, surrealismo, astrattismo …), per cronologia, per artisti. Allestimento raffinato ed efficace: pareti bianche; quadri appesi con accostamenti convincenti e sorprendenti, e con buona distanza l’uno dall’altro; illuminazione mista: naturale, dal soffitto a vetri, e artificiale, dai faretti indirizzati sulla parte alta delle pareti bianche e mai sui quadri. Un Museo nel quale si ammira e si impara. Qui sono quadri di pittori che hanno operato nel Novecento a Parigi, almeno per un certo periodo. I più rappresentati: Van Dongen, Modigliani, Derain, Soutine, Dufy, Matisse, De Chirico, Vuillard, Bonnard, Rouault, Delaunay.
Succede sempre, in ogni museo e nel corso di ogni nostra visita, che un artista, un quadro ci colpiscano e ci attirino più di tutti, e non sappiamo spiegarne il perché: sarà per una nostra disposizione particolare di quel giorno, sarà per una scintilla che scatta misteriosa davanti a un quadro, magari altre volte visto senza che ci dicesse nulla, perché distratti o perché di fretta. Oggi quest’ effetto su di me l’ha fatto Jean Fautrier. Il Museo gli dedica una sala: si va dal periodo degli anni Venti, caratterizzato da un realismo scuro (La passeggiata della domenica, 1921; Cinghiale squartato, 1927) alle sintesi materiche di paesaggi montani e nature morte (qui bellissimo Lago blu 1) sino all’ultimo periodo informale, tecnica “pastosa” di forte presa ed espressività.
Nel pomeriggio, al Musée de l’Orangerie, è stato Chaim Soutine a tenermi un’ora davanti alle sue tele intriganti e strepitose. Grande pittore, al di fuori di ogni corrente, pieno d’istinto lirico, ritrattista di atroce verismo psicologico. Soutine non è caricaturale, non enfatizza i tratti somatici per creare un tipo, meno ancora per fare dell’ironia. Non si sorride davanti a Soutine. Ci si sente commossi, profondamente coinvolti in una analisi visiva della eterna condizione umana, fatta di sogni, delusioni, speranze, sofferenze. Senso struggente di amore, di pietà, di umana fratellanza.

                        

Soutine, Ritratto d’uomo (Emile Lejeune), ca. 1922               Soutine, Chierichetto, 1928