29 novembre 2013: Le origini dell’incisione nell’Europa del Nord

Molto istruttiva la mostra allestita al Louvre: Les origines de l’estampe en Europe du Nord 1400-1470, a cura di Séverine Lepape, che espone, per la prima volta riuniti, esemplari del Dipartimento delle Stampe della Biblioteca Nazionale di Francia e quelli della Collezione Edmond de Rothschild del Louvre.
Le origini della silografia sono da collocare tra fine Trecento e primo Quattrocento. Impossibile dire in quale Paese comparve per prima. Sono peraltro finiti i tempi della ricerca di primati nazionalistici. Si propende oggi per queste aree geografiche: Baviera, Svevia, Austria, Boemia, Moravia. Esposto Le Bois Protat, frammento di matrice in legno della fine sec. XIV-inizio XV, di grandi dimensioni (mm. 600x230x50), con accanto la prova di stampa di inizio Novecento, particolare di una scena della Crocifisione: Longino con le parole incise “Vere filius Dei erat iste”.
Nelle prime silografie la figura è su fondo nero. La colorazione delle immagini quasi sempre di rosso, verde, bruno, rosa per gli incarnati. I soggetti più ricorrenti: scene della Passione, Crocifissione, Madonna col Bambino, i santi più popolari. Non si conoscono silografie che copiano noti dipinti su tavola o in affresco; i soggetti, se pure di semplice ed essenziale tratteggio, sono libere invenzioni che principiano con l’introduzione della nuova tecnica. Si diffonde tuttavia subito la pratica della copiatura. Notevole la produzione seriale, favorita dal nuovo mezzo. Per accelerare la produzione, in particolare nella raffigurazione di santi, si utilizza una stessa matrice inserendo di volta in volta, a seconda del santo che si vuole raffigurare, l’incisione su legno separato del busto con gli attributi propri del santo.
Sino al 1440 l’incisione è sempre su legno. Poi, concomitante con l’accresciuta diffusione delle stampe silografiche, divenute nel frattempo figurativamente sempre più complesse con l’introduzione di paesaggi e architetture, e con l’accresciuta domanda di immagini, comincia ad apparire l’incisione su metallo, tra Strasburgo e Costanza, negli ambienti di orafi di formazione. Le prime stampe a bulino note sono quelle del “Maestro delle carte da gioco”, una serie di 60 incisioni. A partire dal 1450 compaiono le stampe contrassegnate E. S., indicate negli studi stampe del “Maestro E.S.”.  Martin Schongauer porta alla perfezione la tecnica del bulino, conferendo qualità artistica, con l’ambientazione, il chiaroscuro, l’espressione, all’immagine incisa, che non viene più colorata essendo già dotata di valori pittorici.
Una terza tecnica di incisione, che io non conoscevo, è quella en criblé. Compare negli anni Cinquanta del sec. XV. E’ una sorta di silografia. Il modellato del corpo, del panneggio e di altri volumi è reso con l’incisione di puntini più o meno grossi e più o meno fitti: dove sono più grossi e più fitti è più marcato il valore di lume, quindi di rilievo plastico. Osservo che la tecnica è del tutto simile a quella praticata dagli orafi nella granitura del rame dorato, conosciuta in Francia come travail pointillé o greneté e nota anche col termine latino di opus punctorium, molto praticata nella regione renana in periodo tardo gotico. Si veda la scheda n. II. 4 di Gabriele Barucca nel catalogo della mostra Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento, Milano, Electa, 2006, ppp. 104-105: “Trittico con la Crocifissione”, New York, Metropolitan Museum.  Andrea de Marchi ha studiato le interferenze possibili tra le preziose tecniche dell’oreficeria tardo-gotica, come appunto l’opus punctorium e la pittura nel nord Italia intorno agli anni che videro l’attività di Gentile da Fabriano, pittore che con indicibile perizia rese gli effetti luministici della granitura puntiforme sulla lamina d’oro dei suoi dipinti su tavola (Andrea De Marchi, Interferenze possibili tra oreficeria e pittura nel nord Italia, prima e dopo Gentile da Fabriano, in Smalti en ronde-bosse fra Italia ed Europa, atti del convegno, Pisa 2000, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, IV, Quaderni 15, 2003, pp. 27-47). Ricordo qui che una tecnica “puntinista” è anche nello stile di Giovannino de’ Grassi nel suo celebre Taccuino di Bergamo (Biblioteca Civica A. Mai, Cassaf. 1.21), dove il puntinismo, contrariamente a quanto avviene nella granitura dell’oro e nell’incisione en criblé, è funzionale all’ombra in quanto la pergamena risparmiata, chiara, indica rilievo in luce. Roberto Longhi a proposito del Taccuino di Giovannino scrive: “dove pur non mancano donzelle arpiste e costumatissime o certi coristi dilettanti, e cioè, manco a dirlo, gentiluomini, tutti avvolti di un luminescente pulviscolo ‘puntinista’ quasi come in un Seurat (Aspetti dell’antica arte lombarda in Da Cimabue a Morandi, Milano, Mondadori, I Meridiani, 1978, pp. 124-153, qui p. 138). Tecnica puntinista alla Giovannino de’ Grassi è anche in Iacopo Bellini. E’ una tecnica che si vedrà ancora in Vermeer, dove però il puntinismo bianco è funzionale a rilevare il lume.
Ritorniamo alla mostra del Louvre. Oltre che per i prevalenti soggetti religiosi, che nel corso del Quattrocento divengono sempre più complessi, come ad esempio nella raffigurazione della vita dei santi condotta con l’accostamento di piccole vignette, l’incisione coordinata di figure e testo è anche utilizzata per scopi didattici, come alfabeti, catechismi, calendari. Si impongono anche soggetti profani di gusto popolare, prevalentemente umoristici.
Una delle sezioni della mostra è dedicata al rapporto tra manoscritto e stampa. Figure a stampa venivano non solo incollate su pagine di manoscritti ma direttamente incise sulla carta destinata a costituire fascicoli di codici manoscritti. Questa pratica era molto diffusa. Di essa purtroppo abbiamo oggi scarse testimonianze per il fatto che nell’Ottocento le stampe sono state tolte dai manoscritti  per essere conservate a parte nei Gabinetti di stampe, perdendo in tal modo il senso della loro originaria destinazione. Questa interfaccia nel Quattrocento tra incisione e testo manoscritto, che convivono solidali nel codice, non può che essere visto come momento di avvicinamento alla imminente introduzione dell’arte tipografica, quando compariranno insieme testo stampato e figura. Ma questo argomento non è toccato nella mostra.
Catalogo: Séverine Lepape, Les origines de l’estampe en Europe du Nord 1400-1470, Paris, Louvre Editions – Le Passage, 2013.

Otto immagini, da sinistra a destra: 1. Cristo nell’orto degli olivi, silografia colorata, circa 1420, Germania meridionale (BNF: Bibliothèque Nationale de France); 2. Sant’Anna trinitaria, silografia colorata, circa 1450-1460, Svevia? (Louvre, Rothschild); 3. Santa Caterina, incisione en criblé, circa 1450-1460, Reno superiore (BNF); 4. Maestro E.S., alfabeto, lettera N, bulino, circa 1466, Reno superiore (BNF), notare la forte vicinanza figurativa di questa N con la lettera N del Taccuino di Giovannino de’ Grassi, anche se l’incisore accentua il carattere osceno della raffigurazione; 5. Giovannino de’ Grassi, Taccuino, alfabeto, lettera N (Biblioteca Civica A. Mai di Bergamo, cassaf. 1, 21, c. 30r); 6. I dieci comandamenti, i cinque sensi, i sette vizi capitali, silografia colorata, verso 1480, Baviera (BNF); 7. Resurrezione, bulino, circa 1450-1470, Reno inferiore (BNF), incisione su carta destinata a formare un codice manoscritto; 8. Martin Schongauer, Natività, bulino, circa 1470 (Louvre, Rothschild).