2 agosto 2014: Tabacchiere in “Guerra e pace”, tabacchiere di Giacomo Quarenghi

Nel compilare i mesi scorsi, con la collaborazione dell’amico Piervaleriano Angelini, il censimento dei disegni, delle carte e dei cimeli dell’architetto Giacomo Quarenghi, attivo in Russia alla corte degli zar, conservati nella Biblioteca Civica di Bergamo, mi sono imbattuto in due tabacchiere: l’una, col ritratto miniato di Giacomo Quarenghi, proveniente dal dono del conte Paolo Vimercati Sozzi nel 1868; l’altra, col ritratto della moglie di Quarenghi, Maria Fortunata Mazzoleni, donata nel 1888 dalla nipote del celebre architetto, Antonietta Gelmini Quarenghi. Confesso che quando descrissi le due tabacchiere, più divertito che veramente interessato ai due oggetti, non mi balenò il pensiero di chiedermi quale senso potessero avere nel contesto della raccolta dell’architetto vissuto a San Pietroburgo dal 1780 al 1817, anno in cui vi morì.
E’ occorso che leggessi recentemente Guerra e pace di Tolstoj per apprendere in quale amabile considerazione fosse tenuta la tabacchiera sia nella società di corte sia nelle case dell’aristocrazia russa, oggetto, oltre che d’uso, di lusso, da esibire come simbolo di stato sociale. Annusavano tabacco aromatizzato sia donne che uomini, per le credute virtù medicamentose ma ancor più per il piacere che ne traevano. La tabacchiera doveva essere sempre pronta all’uso. La si teneva nelle tasche delle vesti, nella borsa di viaggio o di passeggio, su tavoli e mensole di salotti. Veniva confezionata con materiali di pregio, recante al coperchio la miniatura di un’immagine evocativa, un paesaggio, un palazzo, una celebre opera d’arte. Ma nella maggioranza dei casi al coperchio era il ritratto di un parente, di un amico, di un personaggio famoso. La tabacchiera era un dono gradito. La donava lo zar a membri della corte, con al coperchio il suo ritratto; la donavano aristocratici e borghesi a perenti ed amici, recante il proprio ritratto o quello di un congiunto appena scomparso. In Guerra e pace tabacchiere si infilano in ogni scena di ricevimento dell’alta società. L’ultima tabacchiera di cui si parla nel celebre romanzo è recata da San Pietroburgo in dono all’anziana suocera, contessa Rostova, da Pierre Bezuchov: “I regali consistevano in un astuccio per le carte di stupenda fattura, in una tazza di Sèvres di un azzurro vivo, con un coperchio ove erano dipinte delle pastorelle e in una tabacchiera d’oro col ritratto del conte, che Pierre aveva ordinato a un miniaturista di Pietroburgo; la contessa desiderava da tempo quest’oggetto” (Garzanti 2014, p. 1403).
Nella raccolta di cimeli dell’architetto Giacomo Quarenghi conservati nella Biblioteca di Bergamo, testimonianze della sua attività di artista nella capitale russa San Pietroburgo, dove frequentò case di aristrocratici e di facoltosi borghesi, per i quali progettò palazzi, parchi, case di campagna, non poteva dunque mancare la tabacchiera. La letteratura serve a molti scopi, anche ad aprire gli occhi (e il cuore) a un catalogatore ignaro, che descrive oggetti con correttezza ma con poca convinzione e non poca indifferenza.
Nell’immagine: tabacchiera in tartaruga recante sul coperchio il ritratto a matita di Giacomo Quarenghi, dono alla Biblioteca Civica di Bergamo del conte Paolo Vimercati Sozzi, 1868 (Censimento della raccolta Quarenghi: 4.1.2.)