1 febbraio 2015: William Turner al cinema

Il film TURNER, da pochi giorni nelle sale italiane, merita di essere visto da chi è amante della pittura. Non è forse un capolavoro (i capolavori sono rari in ogni arte), ma si tratta comunque di un ottimo film, interpretato magistralmente dall’attore inglese Timothy Spall.
Narra gli ultimi venticinque anni di vita del celebre pittore William Turner (1775-1851). Il regista Mike Leigh presuppone che il pubblico sappia tutto di Turner, e che quindi conosca le vicende della giovinezza e della maturità del pittore. Ma se ciò vale per gli Inglesi, che imparano a conoscere Turner dalle scuole primarie, non è così per il pubblico italiano: consiglio allora di leggere una breve biografia del pittore prima di vedere il film, basta la voce di un’enciclopedia o di Wikipedia, che è fatta bene; in caso contrario si corre il rischio di non capire nulla della prima mezz’ora del film.
La fotografia è splendida, buona la scenografia. Il pittore è rappresentato senza alcuna affettazione agiografica nel suo vero carattere di persona non poco contraddittoria, sensibile e insieme scontrosa, generosa e insieme gretta. Il film insiste sulla solitudine, le avversità e i problematici stati affettivi di cui Turner ebbe a soffrire nell’ultima fase della sua vita. Vi è forse un eccesso di gusto per l’episodio se non proprio per l’aneddoto, ma una sequela di episodi esemplari svelano la trama di una vita. La resa dei personaggi di contorno, rappresentativi della società del tempo, non manca di sottile humour inglese, unito al gusto hogarthiano della caratterizzazione dei tipi. Il risultato è sempre gradevole.
Il film non lascia intendere con pienezza di significato in che cosa sia consistita la straordinaria innovazione della pittura di Turner, che dal figurativo perviene a quadri informali. Ma è probabile che anche questo aspetto, ben noto al pubblico colto inglese, sia stato volutamente passato in second’ordine dal regista, che è molto più interessato al ritratto caratteriale del personaggio.
Non ho invece capito il motivo per cui si sia voluto dare del giovane John Ruskin, celebre critico d’arte inglese, tra i primi a mettere in luce il valore artistico di Turner, l’immagine di persona saccente, meschina, con evidente intenzione caricaturale, tanto che in sala avvertivo malcelati sorrisetti. È immagine fuori luogo e falsa. Ho anche pensato, tornando a rifletterci in questi giorni, che la percezione negativa che il pubblico italiano ha di questo Ruskin possa essere dovuta a un cattivo doppiaggio: basta poco, una particolare voce, un ritmo sbagliato, un’intonazione stonata, una non corretta traduzione ecc. per stravolgere un personaggio. Chiederò a qualche amico che ha visto o che vedrà il film nell’originale inglese.
Comunque una cosa mi è certa: il bravo attore Timothy Spall rende la personalità di Turner così come John Ruskin la descrisse nel suo diario, dopo aver appena conosciuto l’artista il 22 giugno 1840: «William Turner mi è stato descritto da tutti come rozzo, villano, privo di doti intellettuali e volgare, ma sapevo che ciò era impossibile. Mi è invece sembrato un gentiluomo un po’ eccentrico, pungente nei modi, pratico e di mentalità molto inglese; chiaramente di indole buona ma, altrettanto chiaramente, di temperamento irritabile, nemico di ogni ipocrisia, perspicace, forse un po’ egoista, molto dotato intellettualmente; le sue qualità spirituali non si manifestano con compiacimento o con volontà di ostentazione ma si fanno cogliere di quando in quando in una parola o in uno sguardo».
Chi vedrà il film non potrà che convenire sulla piena corrispondenza della felice descrizione di Ruskin con l’altrettanto felice interpretazione di Timothy Spall.