10 agosto 2013: Rimini, Sigismondo Malatesta, Gemisto Pletone

Tutte le volte che sono in visita di mio fratello Cesare a Santarcangelo di Romagna, non manco, se appena posso, di trascorrere qualche ora a Rimini. Amo questa città. Mi piace percorrere il decumano massimo che dal ponte di Tiberio va all’arco di Augusto. In nessun’altra città mi si dispiega con tanta immediatezza come a Rimini l’impianto urbano dell’antica città romana. L’arco e il ponte, due superbe architetture nella chiara pietra d’Istria, evocano nella mia immaginazione le antiche strade consolari: la Via Flaminia, che l’arco accoglieva, e la Via Aemilia, che al ponte principiava; mentre dalla Porta Aretina vedo partire la strada che collegava Rimini alla Valtiberina e alla Valle d’Arno, unire l’Adriatico al Tirreno, Rimini a Roma. Al centro della città il foro (oggi Piazza Tre Martiri, già Giulio Cesare), cui convergono le vie, punto d’incontro della collina con il mare, del sud con la Pianura Padana e con le Venezie.
Rimini è per me, in continuità con l’antica civiltà latina, Giotto, la Scuola trecentesca con Giovanni, Giuliano e Pietro da Rimini, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Matteo de’ Pasti, Giovanni Bellini, Veronese a San Giuliano, Guido Cagnacci, Alessandro Gambalunga. Ripasso sempre queste pagine magistrali e mi industrio di aggiungerne, ogni volta, una nuova.
Oggi ho letto e trascritto l’epigrafe che compare sul sarcofago in cui sono riposti i resti del filosofo neoplatonico bizantino Giorgio Gemisto Pletone.
Sigismondo Malatesta, signore di Rimini dal 1429 al 1468, aveva ascoltato a Firenze, rimanendone affascinato, il filosofo quando questi nel 1438, al seguito dell’imperatore bizantino Giovanni VIII, era venuto in Italia per il Concilio di Firenze. Nel 1465, durante l’assedio portato a Mistras nel Peloponneso nella guerra contro i Turchi, Sigismondo, ritrovati i resti del filosofo morto a Mistras nel 1452, li portò a Rimini, deponendoli poi nel sarcofago collocato sotto la terza arcata del fianco destro del Tempio Malatestiano; all’interno del quale, splendore di bianchi e d’azzurri con la calda nota del Crocifisso di Giotto, tre anni dopo verrà sepolto lo stesso Sigismondo.
Il filosofo bizantino aveva propugnato l’ideale di un’unica nuova religione, che doveva basarsi su un ritorno al sentimento religioso degli antichi, prisca theologia, in una visione universalistica dell’etica e della cultura, di cui il Sole era simbolo perfetto (“tu che armonizzi questo vasto universo così vario e molteplice”, frammento delle Leggi). Teorizzava un mondo che, superati ebraismo, cristianesimo e islamismo, ritrovasse nella razionalità umana la misura di una fede che accomunasse tutto il genere umano: era l’appello che Gemisto rivolgeva a un mondo diviso da aspri conflitti filosofici, religiosi e politici, scisso dal pullulare di sètte e di culti. Questo programma fu delineato dal dotto filosofo nelle Leggi, che il patriarca di Costantinopoli, Giorgio Gennadio, condannò alla distruzione. Si sono salvati pochi frammenti. Basta questo per rendermi simpatico Pletone, del quale ora dovrò conoscere qualcosa di più (Bibliografia in: Storia della filosofia, diretta da Mario Dal Pra, Firenze Vallardi, 1976-76, vol. VII, p. 810, titoli più recenti nel catalogo SBN). Sigismondo, ambizioso ed ingenuo, soldato e poeta, smisurato sognatore, antipapale, combattivo ed eterno perdente, mi era già simpatico prima, come lo era ad Ezra Pound (Cantos, Canto VIII): da oggi, che l’ho conosciuto pietoso officiante dei resti mortali di Giorgio Gemisto, lo è ancora di più.
Questo il testo dell’epigrafe scolpita sul sarcofago:

«Iemistii Bizantii philosophor. sua temp. principis reliquum / Sigismundus Pandulfus Mal. Pan. f. belli pelop. adversus turcor. / regem imp. ob ingentem eruditorum quo flagrat amorem / huc afferendum introque mittendum curavit MCCCCLXV ».

Ogni volta che tornerò a Rimini, verrò qui a rendere omaggio al filosofo bizantino e al suo devoto ammiratore.

                      

Tempio Malatestiano, facciata di Leon Battista Alberti            Sarcofago con i resti del filosofo Giorgio Gemisto Pletone