24 settembre 2013: A Bagolino (Brescia)

Nei giorni 20-22 settembre siamo stati a Bagolino, in provincia di Brescia, dove ho partecipato alla giornata di studio organizzata dagli Incontri TraMontani sul tema: Artisti itineranti di montagna dal Medioevo all’Età moderna.
Abbiamo raggiunto Bagolino per il Passo di Crocedomini, m. 1892, valico alpino delle Alpi centrali, che collega la Valle Camonica con la Val Sabbia. Gli storici locali di Bagolino hanno corretto la mia pronuncia: non Crocedòmini, ma Crocedomìni, in quanto, secondo le ricerche di Ferdinando Bagozzi (Pergamene bagolinesi del sec. XIV: le controversie relative ai confini. Tesi di laurea, Facoltà di Magistero, Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia, anno acc. 1989-1990) il toponimo non sarebbe da intendere in senso religioso, Crux Domini, ma territoriale, crux dominii, croce che delimitava un dominio, una proprietà, meglio ancora un incrocio di dominii territoriali.
Bagolino, posto a 700 m. su un ampio e soleggiato pianoro della bassa Val Càffaro, è un borgo che ha conservato in gran parte l’antica struttura urbana con case in pietra che si sviluppano in altezza, collegate da sottopassaggi, scalette, stretti vicoli; con piazzette fornite di rustiche fontane e lavatoio.
Al centro del paese, in posizione sopraelevata, è l’imponente chiesa parrocchiale di S. Giorgio, che gode del titolo onorifico di Duomo, terza chiesa per grandezza della diocesi di Brescia. E’ preceduta da un arioso portico seicentesco donde si gode una vista mozzafiato sulla sottostante borgata.
Testimonianza di un glorioso passato, la chiesa, che abbiamo visitata venerdì sera accompagnati dalla guida, ha all’interno nelle volte della navata e del presbiterio notevoli affreschi architettonici e prospettici. Splendidi e sontuosi quelli del presbiterio di Pietro Ricchi detto Il Lucchese, che hanno al centro una luminosa Incoronazione della Vergine, armonia cromatica d’azzurro, rosa e bianco. All’altar maggiore bella tela di Andrea Celesti, San Giorgio e il drago. Agli altari laterali architettoniche soase lignee, riccamente decorate.
Il grandioso edificio fu costruito, fatto eccezionale, in soli tre anni, tra il 1620 e il 1623. La celerità nell’esecuzione dei lavori, stando a quanto ci ha detto la guida, che assicura di aver visto documenti dell’archivio comunale, fu appositamente incoraggiata e favorita da una norma ferrea che il Comune aveva stabilito per chiunque lavorasse al cantiere della chiesa: quella di osservare un assoluto silenzio. Ai lavoranti era vietato fare conversazione, pena multe salatissime. Il Duomo di Bagolino è stato costruito in soli tre anni perché vi si lavorò in silenzio. Non sarà il caso di prendere esempio dai bagolinesi ogni volta che ci accingiamo a qualche impegnativa impresa?
Il paese è diviso in due contrade: In Cävrìl, a nord della chiesa; In Ösnà, sotto la chiesa. Attraversa le due contrade, nel senso est-ovest, la via principale del paese, via S. Giorgio, con botteghe, osterie, belle facciate con decorosi portali, via che doveva essere un tempo frequentatissima dai molti viaggiatori e mercanti che passavano per il paese, trovandosi Bagolino a un nodo strategico viario di notevole importanza per le comunicazioni tra le Valli Camonica, Trompia, Càffaro, Sabbia, Giudicarie, al confine tra il Principato vescovile di Trento e il territorio bresciano sottoposto alla Serenissima.
Il paese ha costruito la sua secolare fortuna potendo godere di privilegi ed esenzioni che ne hanno garantite autonomia e indipendenza. L’essere sottoposto ecclesiasticamente al principe-vescovo di Trento, politicamente alla lontana Serenissima, ha messo il paese nella condizione di avere due padroni. Ma avere due padroni è come non averne nessuno. I punti di forza economici: i vasti beni comunali con boschi, prati e pascoli; l’estrazione e la lavorazione del ferro; il legname; il formaggio. Bagòss è il tipico formaggio di Bagolino, tanto buono quanto costoso. Liliana lo ha pagato 36 € al chilo a un rivenditore di via S. Giorgio, ma ne è valsa la pena.

Alla Pro Loco, che è nell’antico Palazzo del Comune sulla via S. Giorgio, ho acquistato il volumetto Le pergamene dell’archivio comunale di Bagolino, regesto di Franco Bianchini, Comune di Bagolino, 2012. Dalla Introduzione apprendo che in base ai dati della Regione Lombardia, raccolti in occasione del Progetto Archidata, al quale anch’io collaborai negli anni 1988-1989, l’archivio di Bagolino, con quello di Bormio, esclusi gli archivi dei capoluoghi di provincia, è il più  ricco della regione, coprendo un arco di tempo che va dal XII secolo al 1800. Nel 1999 è stato pubblicato in due volumi l’inventario a cura di Giovanni Zanolini.
Ho letto con attenzione i regesti delle 93 pergamene oggi conservate nell’archivio, che vanno dal 1318 al 1667.
Ormai famosa, citata in molti studi, è la pergamena n. 5 del 29 aprile 1327, dalla quale apprendiamo che l’inquisitore fra Galvagnino da Mantova aveva sequestrato i beni di 30 capifamiglia di Bagolino che avevano dato ospitalità e soccorso ai dolciniani. Trenta capifamiglia non sono pochi, se consideriamo che  nell’assemblea dei capifamiglia del 24 marzo 1383 (perg. n. 25), organo istituzionale di cui erano membri per diritto statutario tutti i capifamiglia di Bagolino, sono presenti in 150 a discutere della compartecipazione di Bagolino alle spese della chiesa plebana di Condino. Gli studiosi danno per sicura la sosta a Bagolino di fra Dolcino e del gruppo dei suoi seguaci, tra i quali il bergamasco Longino da Bergamo, fratelli apostolici votati a un radicalismo evangelico, nel corso del loro lungo spostamento tra gli anni 1303-1304 dalla zona del Garda alle montagne vercellesi, dove si sarebbe consumato nel 1307 il loro tragico destino.
Molte pergamene riguardano questioni di confini: verso monte, coi comuni limitrofi di Bienno, Breno, Pescarzo, Collio per la delimitazione dei rispettivi beni comunali di bosco e pascolo sui monti Gaver, Bruffione, Mignolo, Maniva; verso il Monte Casale e la piana di Oneda, a sud, coi conti di Lodron, per la delimitazione delle aree in cui esercitare i diritti di pesca sul fiume Càffaro, di pascolo, di raccolta del legname, di passaggio sul ponte (perg. n. 24 del 24 dicembre 1373, n. 30 del 29 luglio 1393, n. 31 del 31 luglio 1393: «i bagolinesi non potranno pescare nel Càffaro dal Rio di Riccomassimo in giù a scanso di un’ammenda di 10 lire planet ogni volta e per ogni pescatore, da versarsi ai Lodron in quanto tale tratto del Càffaro è di loro giurisdizione e ne potranno fare l’uso che vorranno. Costoro potranno poi costruire un ponte su detto fiume che insista sul territorio di Bagolino ed a tale scopo potranno ancora tagliarvi legname, godendo inoltre diritto di passo col proprio bestiame. Entrambe le parti potranno poi esercitare la caccia sul monte Casale e nel Pian d’Oneda a loro piacere. Infine le parti in lite dovranno reciprocamente rimettersi i torti subiti per il passato», p. 47;  n. 68 del 29 aprile 1539, n. 69 del 21 marzo 1548).
Interminabili le liti per i confini. Ma per una comunità di montagna, indipendente e orgogliosa, il territorio è fondamento di identità e insieme fonte di beni per la sopravvivenza, da conservare e difendere ostinatamente con tutti i mezzi.
La pergamena n. 66 del 29 luglio 1538 riporta gli accordi sottoscritti tra il Comune di Bagolino e il Comune di Collio in località «Casèi di Maniva» (alle baite del Passo di Maniva, che collega la Val Trompia alla Val Sabbia): «si stabiliscono pene per i furti di vene di ferro; si impone al Comune di Bagolino di tenere presso i forni del ferro statteras et mensuras et zerlettas per la pesatura del materiale; i Comuni si impegnano a tenere in ordine le strade nei rispettivi territori destinati al trasporto delle merci; vengono stabilite regole e sanzioni per la corretta esecuzione della fusione del minerale di ferro» (p. 71). Il 3 gennaio 1554 il doge Francesco Venier con lettera ducale (perg. n. 72) ratifica l’accordo «fra il Comune di Bagolino e quello di Collio in Valtrompia sulle vene di ferro poste sul territorio di quest’ultimo, accordo nel quale si prevede che il Comune di Bagolino per i suoi due forni sia obbligato ad acquistare dal Comune di Collio 14.000 staia all’anno di minerale, oltre al solito, al prezzo corrente di 20 soldi planet per staio. In cambio il Comune di Collio si impegna a non vendere in terre aliene il minerale, a patto che il Comune di Bagolino faccia altrettanto» (p. 75). Il 15 ottobre 1511 i vicini di Bagolino riuniti in assemblea avevano deliberato «di assegnare 100 ducati a chiunque troverà una nuova vena di ferro nel territorio comunale; stabiliva che per lo spazio di 50 passi non si potesse scavare attorno al pozzo originario; che lo scopritore potesse utilizzare gratuitamente legname del comune per i lavori della nuova miniera». La perg. n. 50 del 14 dicembre 1500 «stabilisce il pagamento del legname utilizzato per alimentare le fucine poste sul territorio comunale» (p. 60).
Altre pergamene, che vertono su questioni daziarie, rivelano la tipologia del commercio locale: il commercio del ferro (perg. n. 53 del 25 settembre 1504); di «bestiame grosso», che viene acquistato in Trentino e in Germania (perg. n. 36 del 15 settembre 1436); del sale che, stando alla lettura corretta della pergamena, parrebbe provenire dal nord e quindi da Salisburgo o dalla Germania (perg. n. 7 del 30 giugno 1351); dei grani, che vengono invece dal sud, sicuramente dalla pianura bresciana (perg. n. 64 del 4 febbraio 1530); del legname (perg. n. 22 del 25 luglio 1379: uomini del Comune di Bagolino fanno trasportare sino a Vobarno «160 tronchi e 120 travi», servendosi della fluitazione dapprima per il lago d’Idro poi per il fiume Chiese).
Alla pretesa del vescovo di Brescia di riscuotere a Bagolino le tasse ecclesiastiche, per la cui esazione era stato incaricato il nobile Giovanni Maccari, il Comune di Bagolino si oppone con atto del 22 maggio 1383 (perg. n. 27) motivando «che la chiesa di Bagolino era sotto la giurisdizione del principe-vescovo di Trento, che provvedeva a nominarvi il sacerdote officiante, adducendo ancora che detta chiesa non aveva beni propri e quindi non doveva essere posta in estimo; anzi, il Comune stresso provvedeva a mantenere il sacerdote e a sostenere le spese per la chiesa» (pp. 45-46).
Le pergamene documentano la presenza a Bagolino di non pochi bergamaschi, segno di come in antico regime la circolazione delle persone, anche nelle regioni vallive e montane, fosse molto più frequente e costante di quello che noi oggi possiamo immaginare.
All’assemblea dei vicini di Bagolino del 24 marzo 1383 (perg. n. 25) è presente come testimone Giovannino de Castelo della Valle Imagna. All’assemblea dei vicini che si tiene sul dosso nei pressi del cimitero il 3 settembre 1498 (perg n. 47) sono presenti come testimoni due di Parre, Valle Seriana: Maffeo de Cavreschis e Giovanni Bonetti. All’assemblea dell’8 dicembre 1506 (perg. n. 54), sempre come testimoni sono presenti due di Moio de’ Calvi in Valle Brembana: Nicolò Calvi e Tomaso Calvi. Il 22 luglio 1508 (perg, n. 56) il Comune di Bagolino affitta a Donato de Rundis di Villa d’Ogna, Valle Seriana, per sei anni una fucina per la lavorazione del ferro, con annessi carbonile e fienile, al canone annuo di 50 lire da versarsi nel giorno della festa di s. Giacomo, 25 luglio. Altri due, ancora di Moio de’ Calvi, Guglielmino de Foppis e Nicola Calvi, sono presenti come testimoni all’assemblea dei vicini del 10 giugno 1509. All’accordo sottoscritto il 29 luglio 1538 al Passo di Maniva tra i Comuni di Bagolino e di Collio circa la gestione delle vene di ferro (perg. 66) è presente come testimone l’artigiano di forni di ferro Cristino da Bordogna di Roncobello, Valle Brembana. Un altro valdimagnino, Bernardino fu Marco, è testimone il 22 ottobre 1538 (perg. n. 67) di un contratto d’affitto di un pascolo del monte Dasdana. Mentre un non meglio nominato «Bergamaschino» è condannato dal Doge di Venezia a pagare al Comune di Bagolino, non sappiamo dalla pergamena il motivo, ben 2.206 lire (perg, n. 93 del 11 settembre 1667).
Stando alle nostre conoscenze, ricavate dalla lettura della relazione presentata al Senato di Venezia dal capitano Giovanni da Lezze nel 1596, riguardante le condizioni del territorio bergamasco, edita da Lelio Pagani e Vincenzo Marchetti nel 1998 (Descrizione di Bergamo e suo territorio), le località da cui provengono i bergamaschi documentati a Bagolino, fatta eccezione forse dei due valdimagnini, erano tutte caratterizzate dalla presenza di fucine per la lavorazione del ferro. Sono quindi bergamaschi, lavoratori del ferro, che si portano in una località dove è attiva e fiorente la stessa manifattura dei luoghi d’origine. Dotati di buona esperienza artigianale e di tutte le conoscenze professionali necessarie, possono trovare qui lavoro, magari mettersi in proprio, se va bene fare fortuna.

Ma perché mi interesso e mi appassiono di queste cose? E intanto trascuro di ultimare il saggio sul canto XXXIII del Paradiso di Dante?

                                     

Al Passo di Crocedomìni: la strada scende verso la Val Càffaro                 Il Duomo di Bagolino sovrasta la borgata

Bagolino visto dalla Chiesetta dei santi Gervasio e Protasio