6 marzo 2014: Canto e luce nelle “Confessioni” di s. Agostino

Mi trovo all’Ospedale Giovanni XXIII, ricoverato d’urgenza la notte del 3 marzo per calcoli della colecisti. Analisi, esami, ancora analisi, poi i chirurghi vedranno come intervenire. La situazione è complicata dal fatto che i calcoli, fuoriusciti dalla cistifellea, hanno provocato una pancreatite acuta, dolorosissima. Impressionato dalla professionalità e dalla premurosa gentilezza di medici e infermieri.
Ho con me tre libri: Confessioni di s. Agostino, Purgatorio di Dante, Diario notturno di Flaiano.
Nel descrivere i piaceri dei sensi, di cui vorrebbe in parte liberarsi, s. Agostino, dotato com’è di notevole sapienza retorica nonché d’animo ricco di sensibilità, analizza il piacere del canto e della vista dei colori come mai nessuno prima lui aveva fatto con tanta acutezza.
“Tutta la scala dei sentimenti della nostra anima trova nella voce e nel canto il giusto temperamento e direi un’arcana, eccitante corrispondenza”
(et omnes affectus spiritus nostri pro sui diversitate habere proprios modos in voce atque cantu, quorum nescio qua occulta familiaritate excitentur, Libro X, 33, 49: edizione Einaudi 2000, traduzione di Carlo Carena). Quel “nescio qua occulta” pare anticipare di secoli il “non so che” dell’estetica settecentesca.
“Gli occhi amano le forme belle e varie, i colori nitidi e ridenti […]. La regina stessa dei colori, la luce, inondando tutto ciò che si vede, dovunque io sia durante il giorno, mi raggiunge in mille modi e mi accarezza, anche quando, intento ad altro, non bado ad essa. S’insinua con tale vigore, che, se viene a mancare all’improvviso, la ricerco avidamente, e se si assenta a lungo, il mio animo si rattrista” (Pulchras formas et varias, nitidos et amoenos colores amant oculi […]. Ipsa enim regina colorum lux ista perfundens cuncta, quae cernimus, ubiubi per diem fuero, multimodo adlapsu blanditur mihi aliud agenti et eam non advertenti. Insinuat autem se ita vehementer, ut, si repente subtrahatur, cum desiderio requiratur; et si diu absit, contristat animum, Libro X, 34, 51). Per leggere una altrettanta delicata poesia della luce, regina dei colori, bisognerà aspettare Goethe.