19 maggio 2014: Mostra di Bernardino Luini a Milano

Il 2 maggio ho visitato la mostra di Bernardino Luini allestita a Palazzo Reale, curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa. Ne scriverò qualcosa più avanti dopo aver letto e studiato il catalogo.
Della ricostruzione dell’attività di Bernardino non mi convince del tutto sostenere che abbia soggiornato per quasi sei anni nel Veneto. Troppi. Che Bernardino abbia fatto anche più di un viaggio nel Veneto è certo; che ci sia rimasto per così lungo tempo è poco probabile. Se gli storici dell’arte (ma non tutti) giungono a questa convinzione sulla base dell’analisi stilistica dei dipinti che il pittore avrebbe eseguiti in questo periodo, uno dei quali firmato e datato [Bernardin(u)s Mediolanensis MDVII , ma il nome “Bernardinus” è scritto con una abbreviazione alquanto stramba, e mi sorprende che finora nessuno ne abbia fatta menzione], non metto parola. Se oltre a considerazioni di stile, gli storici si appoggiano agli atti di procura di Bernardino, ritrovati nell’Archivio di Stato di Milano, non solo per avere una conferma dell’assenza del pittore da Milano ma per stabilirne addirittura gli estremi, dall’aprile 1502 alla fine del 1507, non mi pare corretto. Atti di procura, allora come oggi, venivano fatti per svariati motivi e non implicavano affatto che chi dava una procura lo facesse perché doveva assentarsi. Quello dell’assenza poteva essere uno dei motivi, e non il principale. Nel caso di Bernardino, la procura con atto del notaio Gabriele Albricci del 4 luglio 1501 è conferita dal pittore allo zio Pietro Scapi da Dumenza, fratello di Giovanni, padre di Bernardino scomparso da poco, con il preciso compito di recuperare i crediti del padre, operazione che si rivelerà né facile né breve, durerà anni. Casi simili a questo di Bernardino Luini, con poche varianti, ne ho trovati parecchi nel corso delle mie consultazioni di atti notarili del Cinquecento. Per venire in possesso dei crediti del padre, il giovane Bernardino, poco più che ventenne, non poteva che rivolgersi alla esperienza e alla lunga pratica dello zio, che doveva fra l’altro conoscere bene sia i creditori, sia l’entità e la qualità dei crediti. A mio parere Bernardino non nomina come suo procuratore lo zio Pietro perché deve assentarsi da Milano, città dalla quale resterebbe via addirittura quasi sei anni,  ma per il motivo che trovandosi a dover recuperare i crediti del padre ritiene sicuramente più utile affidarsi all’esperienza e alle capacità dello zio che non agire in prima persona.
Intanto godetevi, come io ho fatto dal vivo in mostra, questo monumentale, autorevole, grave, sereno e venerando s. Girolamo, 1521-1522 (Bobbio, Museo dell’Abbazia di San Colombano). Avendo letto pochi giorni prima il De senectute di Cicerone, questo mi sembrò il ritratto in pittura della descrizione della persona anziana, saggia e studiosa, fatta dal filosofo latino: placida ac lenis senectus (V, 13). Si vero habet aliquod tamquam pabulum studi atque doctrine, nihil est otiosa senectus iucundius (XIV, 49), “Se poi ha un qualche, per così dire, pascolo di studio e di scienza, nulla è più lieto di una vecchiezza libera da occupazioni”. S. Girolamo morì nel 420, a 73 anni, nel monastero da lui fondato a Betlemme, dove si era ritirato con alcuni amici dopo aver lasciata Roma.