27 agosto 2014: Alla mostra di Paolo Veronese

Finalmente una mostra silenziosa. Contrariamente al solito clima piazzaiolo a cui siamo costretti nelle mostre italiane, qui a Verona sono rimasto felicemente sorpreso dal silenzio che solerti sorveglianti, sicuramente di ciò bene istruiti, fanno osservare con prontezza e severità. La pittura è arte del silenzio – Poussin diceva di fare professione di cose mute, choses muettes – e nel silenzio della contemplazione va goduta. A parlarci, e con parole squillanti come trombe, qui nel Palazzo della Gran Guardia sono le stupende opere di Paolo Veronese, esposte nella mostra curata da Paola Marini e Bernard Aikema. Mostra affascinante, ottimo allestimento, luci adeguate, chiare didascalie. Merita di essere vista. Resta aperta sino al 5 ottobre.
Passando da un’opera all’altra, camminiamo nello spazio genialmente immaginato e felice di Veronese, “uno dei grandi pittori del mondo” (Longhi). Spazio che vorremmo abitare, rapiti dall’intensità, varietà e magia dei colori, dal lume guizzante, dalla morbidezza e dal candore di scolli femminili, dai raffinati e variatissimi tessuti, dalle bianche architetture rilevate nella luce, dai cieli di profondo azzurro, dai volti naturali di donne e di uomini, di vecchi giovani e bambini: tutti felici di recitare ottimamente sul palcoscenico di questo sontuoso e lieve teatro, nel quale l’attore più impacciato continua sempre a parermi il protagonista di molte scene. Ma perché il regista Veronese, invece di idealizzare, non ha preso come modello per il Gesù un bel giovane barcaiolo di Venezia? Sarebbe riuscito meglio nella parte.
La pittura di Paolo come illusione della realtà? Certo, se realtà è per noi solo quella empirica della nostra vita quotidiana, nella quale non incontreremo mai questa santa Maddalena che è fatta di perla, d’oro e di nontiscordardimé. Non illusione della realtà, ma potenziamento di realtà, di energia, di vita, se questa pittura, come ogni autentica poesia, rafforza il nostro sentimento di esistenza e ci acquieta in una dolce gioia di vivere.
Nella prima sala, dove sono esposte le opere della prima fase di Veronese è anche la tela Tentazioni di sant’Antonio, 1552-1553 (Caen, Musée des Beaux-Arts), che finora non avevo mai vista. La tela potrebbe anche recare un altro titolo: Le tentazioni michelangiolesche di Veronese. Per nostra fortuna, e sua, l’artista ha resistito a quelle tentazioni, ed ha seguito libero l’ispirazione del suo genio.
   
Tentazioni di sant’Antonio                           Matrimonio mistico di santa Caterina, 1575 circa (Venezia, Gallerie dell’Accademia)