18 febbrio 2014: “Paesaggio con le ceneri di Focione” di Nicolas Poussin,1648

Non ho voluto perdere l’irripetibile occasione che la mostra allestita a Verona Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento a Novecento, curata da Marco Goldin, mi offriva di vedere la tela di Poussin, Paesaggio con la vedova di Focione che raccoglie le ceneri del marito, 1648, cm. 116,5×178,5, conservata a Liverpool (Walker Art Gallery). L’opera fa pendant con la tela Paesaggio con i funerali di Focione, cm. 117,5×178, conservata a Cardiff (National Museum of Wales), che avevo vista tre anni fa alla bellissima mostra di Parigi, Nature et Idèal. Le paysage à Rome 1600-1650, a cura di Stéphan Loire e Andrés Ubeda de los Cobos.
I due dipinti furono eseguiti nel 1648 per il mercante lionese Jacques Serisier, documentato residente in Roma nel 1647 e amico del pittore.
La storia di Focione (402-318 a. C.) è narrata da Plutarco. Glorioso generale ateniese, uomo probo e giusto, lungi dall’accattivarsi le simpatie con demagogia, non si asteneva, per il bene della città, dal dire sempre la verità ai suoi concittadini, anche se dura e impopolare. Gli avversari politici, riusciti nell’intento di mettergli contro il popolo, lo condannarono con la falsa accusa di tradimento a bere la cicuta. “Tuttavia ai suoi nemici – scrive Plutarco – come se la loro vittoria non fosse stata completa, sembrò opportuno bandire oltre i confini persino il cadavere di Focione e che nessuno degli Ateniesi accendesse il fuoco per la sua sepoltura. Ma un tal Conopione, abituato a fornire questi servigi dietro mercede, bruciò il cadavere, portato oltre Eleusi, dopo aver preso il fuoco dalla terra di Megara. La moglie, presente con le serve, elevò lì un tumulo vuoto e versò libagioni; postasi in seno le ossa e portatele di notte a casa, le seppellì presso il focolare dicendo: – a te, caro focolare, affido queste reliquie di un uomo buono. Tu, restituiscile alle tombe degli avi, quando gli Ateniesi saranno saggi -.” (Vite, Torino, UTET, 1998, vol. III, p. 103). La morte di Focione, scrive Plutarco, avvenne il diciannove del mese Munichione, giorno in cui i cavalieri “sfilavano in processione in onore di Zeus”. Era quindi giorno di festa. Nel mese di Munichione, che corrisponde a marzo-aprile, si celebravano le Olimpie in onore di Zeus, la più antica e la più celebrata delle quattro feste nazionali dei Greci.
Secondo Plutarco la personalità di Focione era un contemperamento di austerità e di mitezza; vi era in lui umanità mescolata in misura uguale alla severità; la sua azione politica era indirizzata a salvaguardare la giustizia, la pace e la tranquillità di Atene, in un momento molto drammatico per la città, costretta a difendere le sue libertà sotto l’incalzare della superiore forza macedone; i suoi discorsi, dalla brevità imperiosa, contenevano “il massimo di pensiero nel minimo di parole” (Ivi, p. 35). Non conosco elogio di un oratore più bello di questo.
Nicolas Poussin ha letto e meditato a fondo la Vita di Focione, che è una delle più belle e moralmente istruttive di Plutarco. Le due tele rappresentano, rispettivamente, il trasporto del cadavere di Focione fuori d’Atene e la vedova che raccoglie pietosamente le ceneri del marito.
I due soggetti, che si impongono alla nostra osservazione con molta discrezione (in mostra molti visitatori non vedevano la vedova che raccoglie le ceneri), posti in primo piano, sono inseriti in un paesaggio di eccezionale ampiezza, che non fa da sfondo alla scena ma ne è protagonista.
Per questi stupendi paesaggi, che sono dell’ultimo Poussin, provo un’attrazione profonda, una soddisfazione ad un tempo dell’intelligenza, del cuore e del senso che raramente mi capita di provare con la stessa intensità davanti ad altri quadri. Paesaggi incomparabili per equilibrio di piani, di forme, di colore; per contrasto sapiente di luci e di ombre; per l’aria tersa che scolpisce le cose nella loro oggettiva bellezza; paesaggi incomparabili per lo spirito d’ordine, di proporzione, di dolcezza contenuta e sapientemente distribuita in tutte le parti, spirito di quieta armonia: paesaggi di cui ogni particolare è preso dal vero, mentre l’insieme, ideale creazione del poeta, è il trionfo di una convenienza sublime.
Nel Paesaggio con le ceneri di Focione nessuna tinta affoscata, nessun cielo sconvolto, nessun’acqua agitata, nessun vento minaccioso. La natura è imperturbabile e serena, come deve essere l’animo del saggio, come è stato Focione nella vita e nel momento della morte. La natura non si presta a fare da sfondo antropomorfico delle mutevoli vicende umane. In nessun’altra opera come in queste due tele sublimi Poussin mostra quanto abbia interiormente assimilata la concezione stoica dell’esistenza, fatto proprio il mondo morale dell’amata antichità classica.
Inginocchiata, affranta, toccata da un raggio di sole la vedova di Focione, donna semplice, frugale, saggia (Plutarco, Vite, cit. p. 65),  raccoglie con pietà e venerazione le ceneri del marito. Deve fare in fretta, per non essere vista. La serva fedele, che sempre l’accompagna (Plutarco, Vite, cit., p. 67), sta allerta. Nel bosco, appoggiato al tronco d’un albero, è Conopione, che dietro compenso, contravvenendo agli ordini delle autorità ateniesi, ha bruciato il corpo di Focione. Sta nascosto aspettando che tutto si compia. Nelle città greche è giorno di festa per Zeus Olimpio. Due amici stanno sdraiati sul prato in faccia al sole, uno suona il flauto. Per la strada uno passeggia e legge. Assistiti dai giudici di gara, balestrieri giocano al tiro a segno. Sulla sponda opposta del piccolo lago, giovani si denudano, pronti a tuffarsi nell’acqua, mentre alcuni già vi nuotano. Uno stalliere striglia un cavallo bianco. Fedeli salgono al tempio, illuminato dal sole. Intorno stanno palazzi e case di regolari e semplici geometrie. Alberi frondosi, ridenti al sole, s’innalzano schietti e maestosi. Dietro il tempio incombenti masse rocciose, aspre e selvagge, contrastano con la sottostante, limpida architettura palladiana. L’azzurro è solcato da candide nubi che conciliano le ombre della terra con la purezza del cielo.
Durante il suo soggiorno a Parigi, Lorenzo Bernini l’11 ottobre 1665 vide questo quadro in casa di Serisier. Dopo averlo a lungo osservato, uscì con quelle parole rimaste poi famose nella tradizione a connotare l’arte di Poussin come espressione di molto pensiero. Scrive Paul Fréart de Chantelou: “Ha visto ancora il grande paesaggio con la Morte di Focione e gli è sembrato molto bello; dell’altro con le ‘ceneri di Focione’, dopo averlo considerato a lungo, e portando il dito sulla fronte ha detto: – Il signor Poussin è un pittore che lavora di là -. “(Viaggio del cavalier Bernini in Francia, Palermo, Sellerio editore, 1988, p. 113).
Su Poussin paesaggista si può vedere il catalogo della mostra Poussin and Nature. Arcadian Visions, a cura di Pierre Rosenberg e Keith Christiansen, New York 2008; alle pp. 228-230 scheda di catalogo n. 43 del quadro Paesaggio con le ceneri di Focione.